Il 1 maggio si è serenamente spento, all’età di 97 anni, Orazio NICOSIA, ultimo socio effettivo della Sezione di Genova-Chiavari, cui non ha mancato fino all’ultimo di attestare, anche attraverso la voce della figlia Mara quando la sua si era fatta troppo fioca, il suo forte e orgoglioso attaccamento. I lettori di “Camicia rossa” ricordano certamente con ammirata simpatia gli alti ideali, la grande fede cristiana e le commosse memorie delle sue travagliate esperienze di guerra che, finché ha potuto, ha amato esprimere in arguti e appassionati componimenti recitati pubblicamente per i familiari e per gli amici in occasione dei suoi compleanni, inviandone poi il testo alla nostra rivista per condividerli con la grande famiglia garibaldina. In passato “Camicia rossa” ha pubblicato altri suoi scritti d’occasione e ampi stralci delle sue “Memorie di un garibaldino combattente all’estero”.
Nato a Gela il 25 gennaio 1921, dopo essere stato catturato dai tedeschi, nel settembre 1943, a Rodi, dove prestava servizio come aviere presso il comando dell’Aeronautica dell’Egeo, internato a Belgrado nel Gulag 172, nell’aprile 1944, a seguito del bombardamento del campo da parte delle forze alleate, era riuscito a fuggire, in circostanze drammatiche, raggiungendo, in ottobre, dopo mesi di vita durissima, la Brigata (poi divenuta Divisione) “Italia”, dove fu assegnato al battaglione “Matteotti”, militandovi fino al luglio 1945. E’ stato decorato con Croci di guerra e dichiarato invalido di I categoria per le conseguenze permanenti lasciate sul suo fisico dai patimenti sofferti.
Tornato alla vita civile, per trent’anni, dal 31 dicembre 1948 al 31 dicembre 1978, ha servito lo Stato come impiegato dell’amministrazione finanziaria, presso le Dogane di Genova, divenendone ufficiale superiore.
Nella sua accogliente casa di San Cipriano di Serra Riccò, affacciata su una verde vallata, dove ho avuto la gioia di andare a festeggiare qualcuno dei suoi ultimi compleanni e di godere della sua amicizia entusiasta e generosa, viveva circondato dai ricordi di quella sua indelebile esperienza di amor di patria e della libertà e, assecondando una vena letteraria che gli si era rivelata già allora, affidava alla sua macchina da scrivere memorie e riflessioni, preghiere poetiche, raccolti in uno “Zibaldone” inedito di cui mi onoro di avere ricevuto da lui una copia: lo rileggo ora con commozione, avvertendo le vibrazioni della sua anima di uomo buono, onesto, profondo, aperto alla vita e al prossimo, coraggioso e indomito nella fedeltà ai valori garibaldini. Riposa in pace, carissimo Orazio!
Ai figli Mara e Pino, che gli sono stati amorevolmente vicini nell’ultimo sofferto tratto del suo cammino, sempre illuminato da un’incrollabile fede, un forte abbraccio. ()